Il "NUCLEARE BERLINGUERIANO" - Vol. 6 - Anni '80 - Le mani in pasta..

★ Dopo i vari "casi" d o c u m e n t a t i e le fasi degli anni 70 e primi anni 80 come il PEN, Piano Energetico Nazionale, del 1981, giungiamo all' "Era del Fare"....

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Sempre in Riferimento all'importanza di tale piano energetico, per le conseguenze ed implicazioni sull'aspetto della parte che riguarda il rilancio del nucleare e sul ruolo attivo e tutto interno al sistema governativo e di potere avuto dal PCI, vogliamo segnalare ed aggiungere (a quanto già da noi proposto) una ricostruzione pubblicata da Tiziano Bagarolo, scomparso nel 2010, e che in sua memoria e per i preziosi contributi La prima edizione di questo Vol. 6 invitava a leggere :
http://tbagarolo.blogspot.com/2009/12/oggi-andrebbe-cosi.html

Oggi tale articolo non è purtroppo più raggiungibile neppure tra vari siti che archiviano web cache e ci rammarichiamo noi per primi di NON aver fatto, anche deliberatamente, una copia di quell'articolo per riproporlo qui integralmente.

1982-1987: la mobilitazione antinucleare ed il RUOLO REAZIONARIO DEL PCI
Quindi assistiamo alla fase in cui la politica della Finta Opposizione storica dà il suo contributo, sul piano concreto e in termini di operatività politico amministrativa alle politiche di rilancio del nucleare.

È dall'Archivio Storico de "La Stampa" e "Stampa Sera", Repubblica, La Gazzetta del Mezzogiorno, Radio Radicale e quello fotografico di RNA che scegliamo numerosi spunti per un viaggio a ritroso nel tempo tra fatti di cronaca legislativa e delle mobilitazioni.

La Srampa del 28 Febbraio 1982

Il CIPE "sblocca" le Centrali e sulla stampa compaiono le mappe date per ufficiali dei siti. In Puglia si infuoca la protesta.
Ma il Piemonte dove al governo vi è il PCI la Regione corre ancora con molto più anticipo e dispone il via libera con un primo pronunciamento... molto prima del voto in Parlamento del Novembre 1982. La FIAT, addirittura, è già in catena di montaggio:

L'11 Novembre 1982 la Camera dei Deputati approva il provvedimento con l'opposizione dei radicali, il disco verde alle nuove centrali Enel scioglie anche il «nodo nucleare».

ROMA — Il Parlamento si appresta a dare via libera all'insediamento delle nuove centrali elettriche, nucleari o convenzionali, superando l'opposizione dei Comuni interessati. La «luce verde» è venuta ieri dalla Camera, la cui commissione Industria, presieduta da Enrico Manca, ha approvato, in sede legislativa, con il voto favorevole dei rappresentanti di tutte le forze politiche, eccettuati solo i radicali, il disegno di legge 2383/bis.

Ora, il provvedimento dovrà passare al Senato. Questo significa che, in mancanza della «intesa» tra tutti gli enti locali, la determinazione delle aree per l'insediamento delle nuove centrali sarà effettuata dal Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) su proposta del ministro per l'Industria, tenendo presenti le indicazioni eventualmente emesse nella procedura precedentemente esperita».

Il nuovo piano energetico nazionale — ci dice Donegà — e le delibere esecutive del Cipe avevano scelto tre regioni prioritarie per l'insediamento di nuove centrali: il Piemonte ha indicato due zone, nel Vercellese e nell'Alessandrino; la Lombardia due Comuni: Viadana e San Benedetto. Poi la Puglia quattro Comuni: Carovigno a Nord di Brindisi e, sulla costa, Porto Cesareo, Avetrana e Manduria. Non c'è stata, però, l'Intesa con i Comuni, prevista dalla legge 393 del 2 agosto 1975. Infatti, e per ovviare a questo blocco, è stato presentato il disegno di legge che, ora, la Camera ha approvato. La sua importanza è fondamentale.

Da una parte avvia la costruzione di 6 centrali da mille megawatt ciascuna, abbinate in tre gruppi, per decine di migliaia di posti di lavoro e per un valore di oltre 6 mila miliardi di lire. Dall'altra parte ci permette ancora di sperare in un futuro in cui la nostra industria possa essere ancora competitiva sul piano dei costi dell'energia. Ai prezzi attuali, ogni chilowattora prodotto da una centrale nucleare costa, e costerà poco piii della metà di quello prodotto da una centrale convenzion le, circa 29 lire contro 57..

C'è, infine, l'aspetto degli incentivi, La futura legge prevede, in complesso, per un gruppo di due centrali da mille megawatt ciascuna, il versamento da parte dell'Enel al Comuni e alle Regioni Interessate, di 24 miliardi di lire «una tantum».durante la costruzione (in aggiunta ai 17,5 miliardi per opere di urbanizzazione secondaria), e di 12 miliardi l'anno durante l'esercizio della centrale, cioè a tempo indeterminato. « Un totale di circa 900 miliardi che dovranno servire — ha detto Manca — per tutelare l'ambiente e per creare iniziative industriali atte a conservare il lavoro agli addetti alla costruzione dells centrali. [Mario Salvatorelli - La Stampa 11 Nov. 1982]

Cronache: La Gazzetta del Mezzogiorno
1982: Avetrana insorse contro l'atomo e urlò:
«Meglio attivi che radioattivi»

clicca sull'immagineL'illusione della scelta nucleare in Puglia durò meno di tre anni, dal 1980 al 20 marzo dell'82, quando circa 15mila persone scesero in piazza ad Avetrana, cambiando il corso degli eventi.

A dar man forte ai manifestanti, tra i quali le donne e i bambini del paesino al confine delle province di Lecce e Taranto, intervenne anche l'arcivescovo di Oria, Armando Franco. «È un conflitto di opinioni - disse - tra il potere legale, significato dalle decisioni del governo regionale, e il potere reale, significato dal popolo che si esprime con l’opposizione e le manifestazioni di protesta».

Monsignor Franco chiese un referendum per far esprimere le comunità locali. Da quel momento cominciò la ritirata.

Eppure, quelli, furono anni di grande effervescenza progettuale. Al vertice della regione c'era un salentino, Nicola Quarta, un democristiano atipico, deciso a perseguire la modernizzazione della Puglia.

A guidare il Pci regionale c'era Massimo D'Alema, favorevole all'opzione nucleare e già impegnato nel dialogo con i democristiani.

Il vice di Quarta era un socialista foggiano, Domenico Romano, favorevole anche lui. Erano gli anni della pianificazione e dell’entusiasmo regionalista. E la Puglia si pose alla guida del Mezzogiorno. Punto centrale di questa strategia il no alla centrale a carbone, l'opzione nucleare e un piano del governo tutto imperniato sulla sostituzione delle industrie di vecchia generazione con iniziative a più alto contenuto tecnologico. Nella regione si erano insediati studiosi come il fisico Aldo Romano e Gigetto Ferrara Mirenzi, esperto di programmazione.

Piano di sviluppo e piano energetico furono elaborati in base al sogno del «salto di modernizzazione». Le convenzioni con il Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare) e con l’Enea (ente nazionale per le energie alternative) fecero della Puglia il crocevia della politica economica.

Una lettera ammirata di Ugo La Malfa incoraggiava le leadership. Ma la struttura sociale e culturale non era in linea con le scelte tecniche e industriali dei programmi. «Meglio attivi che radioattivi», si leggeva sullo striscione che apriva il corteo di Avetrana. La vecchia mappa dei siti del Cnen, poi resa più selettiva dall’Enea, oltre all’a re a costiera di Avetrana e Manduria, comprendeva Gallipoli Sud, Brindisi Sud, dove è stata poi costruita la centrale a carbone di Cerano, e Brindisi Nord, all’altezza di Carovigno e Ostuni. Avetrana diventò la cartina di tornasole delle tensioni, quasi un anteprima del referendum del 1987.

La gente più umile protestò insieme ai proprietari terrieri, molti con interessi edilizi sulla costa. I democristiani, in testa il sindaco di allora, Scarciglia, all’inizio d’accordo, cambiarono idea.

D'Alema con coraggio andò ad Avetrana per un comizio e fu contestato. Il 20 marzo il fronte dell'opposizione dimostrò la sua grande forza.

L'anno dopo i filo nucleari abbandonarono la regione e si presenterono alle elezioni politiche per sedersi a Montecitorio. Nessuno parlò più di nucleare.
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Agosto 1982: Il referendum consultivo di Avetrana, 98,8%

No massiccio in Puglia ad una centrale nucleare

AVETRANA — Con una quasi assoluta maggioranza dei no (98,81 per cento) alla costruzione della centrale nucleare ad Avetrana si è conclusa nella tarda serata di ieri la consultazione popolare (senza alcun valore legale) promossa da partiti e sindacati per conoscere l'opinione degli abitanti sulla realizzazione della centrale, prevista nell'ambito del piano energetico nazionale.

L'affluenza alle urne — secondo quanto ha comunicato il comitato antinucleare, organizzatore del «sondaggio» — è stata decisamente superiore rispetto a precedenti consultazioni referendarie — ha votato il 77 per cento degli elettori (4053 sù 5255) — nelle quali aveva votato il 60 per cento degli aventi diritto.

Il risultato della consultazione è il seguente: 4005 no e 35 sì.

Della consultazione NON terranno alcun conto i vertici nazionali della politica e neppure del PCI...  partito che, al fine di contrastare la via più concreta del referendum istituzionale, qualche anno dopo contrapporrà proprio lo strumento del referendum "consultivo"... che lo stesso quotidiano della Famiglia Agnelli, qui citato, definisce come "senza alcun valore legale".
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PUGLIA, inizia il 1983: Blocchi stradali, manifestazioni, proteste di sindaci e comitati.

La Stampa: "DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE"

TARANTO — Scuole chiuse, strade bloccate, uffici pubblici occupati. Consigli comunali riuniti in piazza: in tre paesi del Salento la «scelta nucleare» ha già causato la prima esplosione, ed è stata un'eploslone di rabbia.

L'altra sera il Cipe ha deciso che una delle nuove centrali atomiche da duemila megawatt previste per l'84, sarà installata in Puglia: poche ore dopo ad Avetrana, Manduria e Carovigno, i comuni tra i quali bisognerà fare la scelta, è cominciata la sollevazione.

"Ci opporremo con tutte le nostre forze", minacciano i telegrammi alla Regione, al ministero dell'Industria, al Quirinale. "Sono passati sulle nostre teste", gridano nelle piazze.

E all'invito lanciato da Nicola Quarta, presidente delia Regione "Questa scelta — ha detto compiaciuto — è una vittoria della Regione", il sindaco di Avetrana, Franco Scarciglia, democristiano senza tessera, risponde lapidario: "Qua la centrale non la faranno neanche fra 77 anni".

L'allarme, raccontano, montava da tempo: già nei mesi scorsi, quando alla Regione si era cominciato a parlare di una centrale nucleare e dei luoghi più adatti per costruirla, nel tre comuni erano cominciati i fermenti, le manifestazioni, le proteste popolari.

I Radicali (quelli del movimento federativo, gli «scissionisti», piuttosto forti in Puglia) avevano accentuato con pdup e Arci il lavoro dei «comitati antinucleari», rendendo le preoccupazioni ancora più acute.

Invece ieri mattina per la gente di Avetrana, Manduria, Carovigno, l'annuncio dato a tutta pagina dal maggior quotidiano della regione "La Puglia avrà la sua centrale nucleare" è suonato quasi come un tradimento.

Fino all'ultimo, la Regione aveva esitato. Ad Avetrana, dove il sindaco, appena tornato a sua volta dalla capitale, si accingeva a raccontare dell'incontro appena avuto con il ministro Pandolfi, la notizia ha provocato subito mezza sollevazione.

Il paese ha poco più di settemila abitanti: ieri in piazza, raccontano, erano quasi in quattromila. Cinquemila persone, un sesto della popolazione, hanno manifestato a Manduria. A Carovigno, unico centro del Brindisino tra quelli candidati ad accogliere la centrale (gli altri due sono in provincia di Taranto) la reazione è stata Invece più composta, anche se già i politici locali si sono mossi per ricordare che la provincia ha una base Nato, una centrale a carbone, una fabbrica Montedison, tutte curiosamente accomunate nella tematica della protezione dell'ambiente.

La tensione continua a salire, né il fatto che per meglio controllare le possibili reazioni, carabinieri e agenti di polizia siano stati spediti nella zona da Bari e Taranto, sembra attenuare il tono delle proteste.

Nessuno parla di ciò che la nuova centrale potrebbe significare per l'occupazione nelle due province, nessuno ricorda che solo per la prima tranche dell'appalto si sono candidate trentasei ditte pugliesi, delle quali oltre venti di Bari.

24 Febbraio 1983.

[Giuseppe Zaccaria, de La Stampa, in perfetto ruolo informativo FIAT, non riesce a risparmiarci, in conclusione, i soliti moralismi da ricatto occupazionale già triti e ritriti per bocca e per penna dei loro portinai-guardiola delle Botteghe Oscure].


Alla logica dei bassi moralismi del ricatto occupazionale
sostenuta dall'agglomerato che va dalle lobby industriali ai loro capi mandamento del PCI... la risposta del territorio e dei sindaci appare compatta, sensata e compatibile anche con le prospettive, ancora insolute, di trent'anni dopo come di oggi:

[LA STAMPA DALL'INTERNO Anno 117 - Numero 46 - Venerdì 25 Febbraio 1983 SPECIALE AVETRANA, ci descrive uno scenario che in troppi hanno poi dimenticato fino al 2011] :

(Taranto) — Ad ogni Incrocio, ceppi di legno che ancora fumano, sassi, barriere. Nella piazza principale, semideserta. Il grande rimorchio di un camion: è lì sopra che l'altra sera si è tenulo il Consiglio comunale; dopo tre giorni e mezzo di «sciopero antiatomico», con negozi, scuole, benzinai chiusi, Avetrana, piccolo centro del Tarantino, a pochi chilometri dal mare, ha un po' l'aspetto del villaggio di frontiera.

"Dalle 14 di ieri lo sciopero si è concluso", dice Francesco Scarciglia, cinquantenne vigoroso sindaco democristiano senza più tessera.

"È finito un po' per fumé... Non potevamo permettere che tanta gente restasse a lungo senza lavoro, che le famiglie non si approvvigionassero. Ma è solo una tregua: la centrale nucleare, qui, non sorgerà mai".

I politici che «contano», l'hanno già definito «un irresponsabile", ma Scarciglia non molla:

«Da due anni non rinnovo la tessera della DC, e con me tutti quelli che ad Avetrana hanno capito quel che ci aspetta. Ieri il Consiglio comunale si è concluso con la decisione di continuare la protesta. Una protesta civile, certo, una protesta democratica, anche se non so fino a che punto riusciremo a trattenere l'esasperazione della gente".

Poco prima, a Manduria — altro centro candidato dal Cipe ad accogliere la centrale nucleare che sorgerà in Puglia — c'è stato un ennesimo corteo.

Molti negozi hanno chiuso spontaneamente, altri sono stati costretti a farlo.

I carabinieri hanno arrestato due teppisti che, pistola alla mano, stavano intimando al proprietario di un bar di tirare giù la saracinesca. Il sindaco di Manduria, Malagnino, ieri mattina era a Roma: anche lui, con sette consiglieri, è andato a protestare dal ministro Pandolfi.

A Carovlgno, terzo Comune della Puglia, candidato al «rischio atomico», si preparano altri viaggi, altre delegazioni.

Ma perchè tutto questo accade solo In Puglia? Com'è potuto succedere che in un lembo d'Italia così lontano dal dibattito energetico, la protesta sia divampata tanto violenta?

«Forse — risponde Fernando Saracino, 34 anni, insegnante, vicesindaco di Avetrana — perché da noi la questione del nucleare non è mai passata attraverso i partiti. Poco più di un anno fa, quando si cominciò a parlare del paese come possibile sede di una centrale, la gente cominciò a discutere, scelse una quarantina di persone che avrebbero dovuto interpretare gli interessi di tutti.»
«E poi — continua il sindaco — i nostri problemi sono diversi da quelli del Piemonte o della Lombardia.
Lì c'è economia industriale, qui non c'è mai stata neanche una fabbrica: abbiamo sviluppato l'agricoltura, il turismo. Ogni estate, in questa zona, arrivano settecento - ottocentomila mila persone. Si vuol correre il rischio di distruggere tutto?».

I «traditori», per chi contesta la centrale, sono i politici regionali: quelli che solo all'ultimo momento hanno adottato la delibera che ha consentito alla Puglia di partecipare alla «gara» indetta dal Cipe.
Per mesi, nessuna attività sul nucleare: poi improvvisamente «una decisione presa in sette ore», come dicono qui nel Salento, ed un funzionario della Regione costretto a correre in auto fino a Roma per consegnare in tempo il documento.

Ma i vantaggi in termine d'occupazione, gli appalti cui concorrono 36 imprese pugliesi, la pioggia di miliardi che con la centrale si riverserebbe sul piccolo Comune?

«Di quel soldi, non sappiamo che farcene», risponde secco il sindaco, pronto a negare con durezza che dietro a questa protesta ci siano gli interessi di un gruppo di proprietari terrieri (il mare, già zeppo di ville abusive, è a due passi) o il terrore seminato pochi giorni fa da una conferenza del professor Giorgio Mattioli, ordinario di fisica all'Università di Roma. Un discorso complesso, del quale però molti ad Avetrana hanno recepito solo l'ultima parte. Quella secondo cui le radiazioni della centrale renderebbero impotenti.

Giuseppe Zaccaria [
sempre lo stesso dell'articolo precedente].

 

Referendum nucleare: la posizione ambigua del PCI

Segui l'Audio integrale - Il Racconto del Deputato Alessandro Tessari - ROMA, 26 ottobre 1987
 


Crociata nucleare: leadership del Pci
Di Alessandro Tessari - 20 gennaio 1983

SOMMARIO: Il Ministro Pandolfi rifà i conti del Piano energetico nazionale e frena gli ardori dell’avventura nucleare. I comunisti nuovi crociati nuclearisti, con la tesi che la produzione energetica trascinerà il rilancio produttivo. La tesi radicale è opposta: priorità colpire l’erogazione a pioggia di contributi a tutta l’industria, ivi compresa quella parassitaria.

(NOTIZIE RADICALI n. 3, 20 gennaio 1983)

Dopo diciotto mesi dalla presentazione alle Camere del Piano energetico nazionale, approvato col solo voto contrario dei radicali, il nuovo ministro dell’Industria Pandolfi ha fatto il primo bilancio: bisogna modificare le previsioni dello sviluppo economico al 1990 di conseguenza mutare le stime del fabbisogno relativo, frenare il programma nucleare che scenderebbe a tre nuove centrai (Piemonte, Lombardia e Puglia) e ancorare il programma delle centrali a carbone (Calabria e Lombardia) alla soluzione dei problemi connessi con la “logistica e la tempistica per gli approvvigionamenti".

Conferma prudente del PEC (il prototipo italiano di reattore veloce) e del CIRENE (progetto italiano di reattore a uranio naturale moderato ad acqua pesante) e invito retorico a non dimenticare l’importanza del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili.

Agli occhi dei commissari comunisti la relazione Pandolfi è parsa una resa del governo alle tesi radicali.

Una resa tanto sbarcata da far scattare una sorta di orgoglio nazionale ferito: se il governo abbandona le linee di guida del piano energetico nucleare sarà compito dei comunisti farle rivivere.

Noi radicali lungi dal rallegrarci della situazione abbiamo due ordini di motivi per essere preoccupati e per impegnarci ancor più tenacemente nella battaglia in questo settore. Il primo nasce dal fatto che il governo nella sostanza non ha cambiato la sua strategia non solo perché continua a sprecare centinaia di miliardi nei due carrozzoni del PEC e del CIRENE, ma perché continua nei fatti a sottovalutare il ruolo che potrebbe giocare una seria politica del risparmio energetico e di potenziamento delle fonti rinnovabili.

In questi settori si è registrata una riduzione degli stanziamenti pubblici e la residuale scelta nucleare (ora che è passato l’art. 17 che mette ai margini il ruolo dei comuni nella determinazione dei siti per le centrali) verrà fatta passare come imposizione del CIPE (comitato interministeriale per la programmazione economica).

Per converso non abbiamo nessun motivo di rallegrarci per la scelta del carbone perché questa di fatto è impossibile non essendo fino ad ora stato fatto nulla per ciò che concerne le attrezzature (ferroviarie e portuali) che sole possono rendere plausibile la realizzazione di nuove centrali a carbone e la conversione a carbone delle vecchie centrali a olio combustibile.

Oggi, gettata la maschera (cfr. l’articolo di Cerrina sull’Unità del 6.1.83), il PCI sembra si candidi a promotore di un rilancio e di un potenziamento della scelta nucleare (si ricordi che il Piano prevedeva una spesa entro il 1990 per 85.000 miliardi per le centrali da realizzare) alzando l’obiettivo di 6.000 megawatt elettrici previsto dal piano del governo a ben diecimila (il che vuol dire dieci centrali nucleari contro le tre attualmente proposte da Pandolfi oltre alle due centrali in fase realizzativa a Montalto di Castro).

La giustificazione del PCI sembra avere una sua logica. Egli afferma: il governo incapace di rilanciare l’economia e quindi la produzione industriale si adagia sulla linea del contenimento energetico. Noi comunisti rifiutando la scelta recessionistica puntiamo al rilancio della produzione energetica colla speranza (non troppo fondata) che questa trascinerà il lancio produttivo.

Noi radicali siamo convinti dell’esatto contrario. Il rilancio dell’economia non può essere fatto concentrando gli investimenti sull’industria militare e su quella nucleare (per un totale di oltre 200.000 miliardi nel decennio in corso, ma riconvertendo l’industria di guerra in industria di pace (riequilibrio del territorio, agricoltura, mezzogiorno) diversificazione produttiva ma selezionata tra i settori ad alta tecnologia (e bassa occupazione) a quelli delle cosiddette tecnologie “mature” ma alto tasso occupazionale oltre al potenziamento dei grandi servizi (casa, ferrovie, trasporti pubblici, ecc.).

Noi siamo convinti della necessità di colpire il sistema di erogazione a pioggia a tutta l’industria anche a quella parassitaria (presente nel grande settore pubblico e in quello privato).

 

LA PROTESTA IN PIEMONTE e Nord Italia

La manifestazione di protesta contro la costruzione della centrale nucleare nella zona Po 2
«Vogliono bloccare la Milano-Sanremo»
 

16 Marzo 1984. La «classicissima» che si correrà sabato sarebbe «fermata» dagli agricoltori della Bassa Valle Scrivia tra Pontecurone e la periferia di Tortona.

SALE—C'è una grossa probabilità, tutto sarà deciso all'ultimo momento—che sabato mattina gli anti-centrale nucleare della bassa Valle Scrivia blocchino il percorso della classicissima Mllano-S. Remo tra Pontecurone e le porte di Tortona. E' una eventualità che è stata studiata dal Comitato antinucleare, a cui aderiscono numerosi agricoltori della zona, e dal Comitato per il controllo sulle scelte energetiche, che In bassa Valle Scrlvia lavorano con criteri scientifici, anche se soltanto ora hanno pensato a darsi una veste giuridica sono all'opera ormai dal giugno del 78.

«L'eventuale e anche probabile blocco della corsa ciclistica — afferma Pier Luigi Cavalchini del Comitato per il controllo delle scelte energetiche — verrà deciso all'ultimo momento, sulla base anche delle condizioni oggettive, certo è invece che saremo tra Pontecurone e Tortona per una manifestazione, contro l'eventualità di una centrale nucleare nella nostra zona. Questo per ribadire ancora una volta il nostro «no» a tale tipo di impianto».

La protesta prevede l'arrivo lungo il tragitto della Milano-Sanremo di manifestanti con cartelli, manifesti, volantini. «Per spiegare— dicono — che slamo ancora, e resteremo contrari alla centrale nucleare, che dovrebbe essere costruita a Sale od a Isola S. Antonio oppure in un'altra località della bassa Valle Scrivla».

Una manifestazione, fanno notare gli organizzatori, che è anche necessaria per «l'ambiguità e le posizioni non corrette tenute da alcuni politici a livello provinciale», mentre «La situazione va avanti e diventa sempre peggiore per la zona Po2 (l'altra è la Po1 presso Trino e tra queste due dovrà essere fatta la scelta per la centrale nucleare piemontese ; ndr)—dice Cavalcioni—che rischia di essere il luogo dove dovrà nascere l'impianto al quale continuiamo ad opporci. Stiamo lavorando perché le nostre iniziative possano bloccare le iniziative di coloro che hanno il potere di decidere».

La manifestazione fissata in concomitanza con la Milano-Sanremo (vedremo poi se ci sarà anche il blocco della strada) sarà la prima di una serie che proseguirà per tutto il mese di marzo.
Ci saranno assemblee e dibattiti organizzati dal Comitato per il controllo delle scelte energetiche in collaborazione con altre associazioni ecologiche: Wwf della Lombardia e del Piemonte, Lega ambiente dell'Arci, Italia Nostra e altre ancora.

Domani, primo Incontro a San Nazzaro de Burgundi (In provincia di Pavia, dove gli "antinucleari" ricordano che si sentirebbero gli effetti negativi di un'eventuale centrale nella bassa Valle Scrivla). Altri due incontri-dibattito, il 22 ed il 29 marzo: si terranno, rispettivamente, a Castelnuovo Scrivia e Sale. Il 31 marzo, Invece, ci sarà un'altra «marcia» di trattori da Sale ad Alessandria come quella che si era svolta il 24 settembre scorso organizzata dal Comitato antinucleare degli agricoltori.

[Franco Marchiaro ]

LA STAMPA - CRONACHE DI VERCELLI Anno 118 • Numero 108 • Martedì 8 Maggio 1984:

Si accendono le polemiche per la «Po 1»; a Trino convegno sull'ecologia Tra socialisti e pei scontro sul nucleare Replica dell'assessore Calsolaro alle accuse del sindaco di Trino

VERCELLI — Secca replica dell'assessore regionale all'Ambiente ed Energia, Corrado Calsolaro (psi), alla lettera che il sindaco di Trino, Adriano Demaria (pci), gli aveva inviato protestando per la «scarsa considerazione», in cui la Regione terrebbe i dieci Comuni della «Po 1» Interessati alla scelta nucleare.

Demaria, presidente del Comitato per la «Po 1», aveva scritto anche a nome degli altri nove colleghi e inviato 11 testo della lettera al giornali. In sostanza, il documento di Demaria criticava la decisione dell'assessorato regionale all'Energia di aver concordato un documento sull'informazione energetica in Piemonte con l'Enel e l'Enea, senza sentire il parere vincolante del Comuni interessati.

Ma in particolare, l'intervento di Demaria era rivolto contro la Provincia, colpevole, a suo avviso, di essersi intromessa indebitamente fra i Comuni e la Regione nel discorso del nucleare.

Sull'attività di lnformazione, l'assessore Calsolaro spiega: «Il documento è stato elaborato durante una riunione che si è svolta in Regione il 19 marzo scorso. Oltre al sottoscritto, c'erano rappresentanti del ministero dell'Industria, dell'Enel, dell'Enea e dell'Iri-Finmeccanica. Il testo è stato trasmesso al presidente del Consiglio regionale, alla settima commissione, ai presidenti del gruppi Consiliari e, contemporaneamente, ai due presidenti ed a tutti i sindaci della Po le della Po 2».

Prosegue Calsolaro: «Nella lettera di accompagnamento si dice testualmente che il documento sarebbe stato trasmesso ai Comitati di coordinamento delle aree Po 1 e Po 2, al fine di ricevere eventuali proposte che gli Enti locali ritenessero opportuno presentare per una concreta ed attiva partecipazione al problema della seconda centrale elettronucleare piemontese. »

Quindi non c'è stato alcun tentativo di scavalcamento dei Comuni della Po 1 e della Po 2: Per quanto riguarda il discorso-Provincia, Calsolaro osserva: «il Comitato di coordinamento dell'area Po 2 ha ritenuto opportuno cooptare nel suo seno la Provincia di Alessandria: anzi, ha eletto come suo massimo rappresentante proprio il presidente dell'amministrazione provinciale. A mio avviso è stata una decisione saggia che i Comuni della Po 2 hanno adottato nella loro piena autonomia e che non interferisce nelle specifiche competenze ad essi attribuite dalle leggi 397 nel 75 e n. 8 dell"83.»

Conclude l'assessore all'Energia:
«
il Comitato di coordinamento della Po 1 non ha ritenuto di fare altrettanto. Decisione perfettamente lecita, che nessuno contesta. Ma da qui a porre, come sembra voler fare il sindaco di Trino, una sorta di veto alle iniziative autonome di promozione della Provincia di Vercelli ne passa. Anche la Regione è libera di instaurare i rapporti che più ritiene opportuni con l'amministrazione provinciale di Vercelli, nel pieno rispetto dell'autonomia delle realtà locali.. e, (i. m, E gli agricoltori «No alla centrale»

IL "NO" DEGLI AGRICOLTORI

TRINO — Un deciso «no» all'installazione nel territorio trinese di una seconda centrale elettronucleare, della potenza di duemila megawatt, è stato ribadito dalle organizzazioni degli agricoltori e dalle altre personalità che hanno partecipato, al teatro Or.Sa., al convegno-dibattito promosso dal Comitato antinucleare di Trino.

Il tema in discussione era:

"Agricoltura, ambiente, occupazione: quale impatto con l'energia nucleare".

Per quanto riguarda l'agricoltura, è stato nuovamente messo in evidenza il problema della disponibilità di acqua. I 17 metri cubi al secondo di portata media del fiume Po sono ritenuti insufficienti dagli agricoltori per alimentare la centrale e, nel contempo, garantire una regolare irrigazione dei campi.

Bocciata è stata pure la proposta dell'Enel che prevede la creazione di nuovi invasi artificiali di riserva in montagna per sopperire ad eventuali periodi di scarsità idrica.

Antonio Dellarole, dell'Unione provinciale agricoltori, ha detto: «Gli invasi sono un assurdo dal punto di vista tecnico a causa dei problemi di impermeabilizzazione che la zona presenta e delle grandi dimensioni che dovrebbero avere».
Nel suo intervento Dellarole si è poi soffermato sulle caratteristiche della nuova centrale, rilevando che le «torri di raffreddamento provocherebbero seri danni alla coltura della vite e di alberi da frutta per l'aumento dell'umidità».

Il professor Floriano Villa, presidente dell'Ordine nazionale dei geologi, ha da parte sua ricordato il pericolo costituito, dal punto di vista sismico, dalla cosiddetta «faglia di Montarucco», che renderebbe la zona di Trino geologicamente inadatta per ospitare la centrale. Inoltre, il numero di persone ed aziende trinesi che trarrebbero lavoro dalla costruzione e gestione del nuovo impianto sarebbe davvero esiguo.

 

 

 



 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"NUOVA CENTRALE NUCLEARE SI FARA' NEL VERCELLESE"

ROMA - Dopo oltre dieci anni dalla realizzazione dell'ultima centrale nucleare italiana (quella di Montalto di Castro), da gennaio si comincerà a costruire la prima delle nuove centrali previste dal piano energetico nazionale: un ulteriore passo in questa direzione.
Prima del "sì" definitivo da parte della Regione Piemonte, (previsto per il 3 gennaio prossimo) si è avuta l'approvazione, all'unanimità, della costruzione della centrale nucleare da parte del consiglio comunale di Trino Vercellese, il paese retto da una giunta tripartita Pci-Psi-Psdi.

Il comune di Trino - nel cui territorio è già presente una delle prime centrali nucleari italiane, costruita negli anni Sessanta - è al centro dell' area definita "po 1" che, insieme all' area "po 2", è stata individuata come la zona più adatta per la realizzazione della nuova centrale.
Dopo che la Regione avrà indicato la località, il 3 gennaio prossimo, l' Enel avvierà subito i lavori per la preparazione dell' area sulla quale sarà costruita la centrale che dovrebbe essere terminata intorno al 1990.

Poche settimane fa, l'Enea aveva espresso parere favorevole, dal punto di vista della sicurezza e della protezione sanitaria ed ambientale, alla realizzazione in entrambi i siti "candidati".

[Fonte: Repubblica — 22 dicembre 1984 - pagina 35 - sezione: ECONOMIA].

 

Berlinguer è morto da qualche mese. Il PCI è forte della sua contrattualità ottenuta dalle recenti elezioni, tenutesi anche in simultanea all'evento luttuoso (ma anche mediatico). E procede ora come un caterpillar nel dare attuazione a livello gestionale ad una politica programmativa e di mani in pasta che abbiamo visto, nei primi cinque capitoli, avere una tradizione ultradecennale.

Sarà quindi con l'intervento anche a livello di REGIONE (la giunta "rossa rossa" del Piemonte) che poche settimane dopo imporrà tale scelta con delibera che non passerà inosservata ad un rinascente movimento antinucleare ma che sarà imposta anche attraverso il ricorso repressivo alle forze dell'ordine.

 

Cronache - LA PROTESTA IN PIEMONTE

La mobilitazione nel Nord Italia si caratterizza maggiormente in Piemonte con forti manifestazioni, in particolare a Torino e nel Vercellese. Il 4 gennaio 1985 il Consiglio Regionale del Piemonte a guida PCI approvava definitivamente, la costruzione nella zona di Trino Vercellese, precisamente nell'area di Lerl-Cavour, della centrale nucleare da 2 mila MW di potenza. L'evento fu preceduto e seguito da numerose manifestazioni di protesta nel capoluogo e nel resto della regione.

Oltre al comportamento politicamente ambiguo in relazione ai movimenti da parte del PCI, restano emblematiche le reazioni reazionarie nei confronti di un movimento di protesta che andava organizzandosi sempre più. Da notare anche la vicenda della protesta nel vercellese dove proseguì in modo forte ed incisivo la protesta a seguito della delibera del Consiglio Regionale di qualche settimana prima. A Vercelli durante una manifestazione di fronte alla Camera di Commercio dove aderirono anche agricoltori e vari settori del commercio, vi furono anche scontri.

Il PCI, spalleggiato dai quotidiani della Famigghia Agnelli, La PRAVDA e PRAVDA SERA, bollò, con i soliti toni tesi a delegittimare ogni forma di dissenso, le proteste come "qualunquismo", mentre la corrottissima trimurti dei sindacati confederali bollò addirittura la manifestazione come "corporativa".



 

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